Corso di Valutazione Nutrizionale dei Mangimi

Prof.ssa Doriana Tedesco

 

Lezione 5 - Le proteine

DETERMINAZIONE DEL LIVELLO PROTEICO DEGLI ALIMENTI
COME VALUTARE LE FONTI PROTEICHE ALIMENTARI
IL VALORE BIOLOGICO
IL CONTENUTO PROTEICO DEGLI ALIMENTI
 
 
Il livello proteico di un alimento viene di norma determinato in base al suo tenore in azoto; questo viene moltiplicato per il coefficiente 6,25, ottenendo così la proteina grezza. Il fattore 6,25 è stato scelto ipotizzando per tutte le proteine un tenore di azoto del 16% (100/16=6,25); nel caso delle proteine del latte, il fattore moltiplicativo da usare è 6,38.
In realtà, parte dell'azoto dei foraggi e degli altri alimenti non è di natura proteica, derivando da aminoacidi liberi, da ammidi, da vari composti organici (basi azotate), nonchè da composti ammoniacali: tuttavia, la maggior parte di queste sostanze non proteiche viene utilizzata nel metabolismo (particolarmente per quanto riguarda i ruminanti) e quindi altera il significato nutrizionale dei protidi grezzi.

METODO ANALITICO PER LA DETERMINAZIONE DEL LIVELLO PROTEICO DEGLI ALIMENTI

Il metodo analitico ufficiale è quello di Kjeldhal.
Principio del metodo: si trasforma l'azoto organico in solfato di ammonio, facendo bollire una aliquota pesata di campione in acido solforico (o fosfosolforico) concentrato, in presenza di un acatalizzatore (vengono utilizzati gli ossidi di mercurio o di selenio, il selenio metallico, il solfato di rame) e di solfato di potassio per innalzare il punto di ebollizione dell'acido.
Dopo l adigestione completa del campione, si raffredda e si diluisce con acqua distillata, quindi si alcalinizza con una soluzione concentrata di idrossido di sodio; si distilla immediatamente l'ammoniaca, che viene raccolta in acido borico al 4% e titolata conacido solforico 0,1N. Ciascun mL di acido N/10 consumato nella titolazione corrisponde a 0,0014 g di azoto. Si trova così l'azoto presente nel campione che, riferito a 100 e moltiplicato per 6,25, darà la % di proteina grezza contenuta nell'alimento.
Con il metodo Kjeldhal viene determinato tutto l'azoto sotto forma amminica (proteine, aminoacidi, urea), iminica (basi puriniche, citosina), amidica (nicotinamide) e ammoniacale (ammoniaca e sali d'ammonio); non viene determinato l'azoto nitrico e nitroso (nitrato e nitrito di potassio).
Per alzare quindi fraudolentemente il tenore in protidi grezzi, oltre all'urea (che è ammessa per i ruminanti, purchè venga dichiarata) possono venire impiegate sostanze che contengono azoto nelle forme sopra elencate, quali gli aminoplasti (ureaform, un polimero tra l'urea e la formaldeide che non viene dosato coi comuni metodi per l'analisi dell'urea) o la melamina (un composto che contiene il 66,6% in peso di azoto). Per la rivelazione di queste sostanze, come per l'urea, bisogna utilizzare metodi specifici.
Il metodo Kjeldhal, universalmente utilizzato, se correttamente applicato è un metodo preciso e affidabile; si può verificare la correttezza della procedura dell'analisi utilizzando sostanze a titolo noto di azoto (acido solfanilico, acetanilide).

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COME VALUTARE LE FONTI PROTEICHE ALIMENTARI

Come visto sopra, il tenore proteico degli alimenti è generalemente espresso come proteina grezza, ma sotto questo termine viene incluso anche l'azoto non proteico (NPN, non protein nitrogen).
Nei ruminanti è necessario fare anche una distinzione tra la proteina che non è degradata dai microrganismi ruminali e viene quindi digerita ed assorbita a livello dell'abomaso e dell'intestino e la proteina di origine microbica, sintetizzata dai microrganismi ruminali, e che viene digerita e assorbita sempre a livello abomasale ed intestinale.
In funzione della solubilità in tampone borato-fosfato, in detergenti neutri e in detergenti acidi, la proteina può essere classificata come in figura 1. Nel sistema Cornell la proteina è classificata in base alla sua degradabilità ruminale, stimata in base a lavori sperimentali in cui diversi alimenti sono stati incubati in situ o in vitro con enzimi proteolitici (Tabella 1).

La proteina solubile comprende l'azoto non proteico (A) e la proteina vera solubile degradata velocemente dai microrganismi ruminali (B1);

la proteina degradabile (RDP) comprende l'azoto non proteico (A) + la proteina solubile velocemente degradabile (B1) + la proteina non solubile lentamente degradabile (B2);

la proteina non degradabile (RUP) comprende sia la quota degradabile molto lentamente a livello ruminale (B3), in quanto associata all'NDF e quindi disponibile a livello intestinale, sia quella non disponibile in assoluto, cioè legata all'ADF (C).

Tabella 1. Composizione e degradabilità ruminale delle proteine.

Frazione

Composizione

Degradabilità ruminale (%/h)

A

NH3, NO3, AA

peptidi

Istantanea

B1

Globuline

Alcune albumine

200-300

B2

La maggior parte delle albumine

Gluteline

5-15

B3

Prolamine

Proteine associate alla parete cellulare

Proteine denaturate

0.1-1.5

C

Prodotti della reazione di Maillard

Azoto legato alla lignina

0

Figura 1. Classificazione delle proteine. Clicca sull'immagine per ingrandirla.

Un ulteriore parametro considerato è quello della proteina metabolizzabile (MP) definito come la proteina vera che viene digerita a livello postruminale e che fornisce quindi gli aminoacidi assorbiti a livello intestinale.
La proteina degradabile e quella non degradabile hanno due funzioni ben distinte: la prima fornisce una miscela di peptidi, aminoacidi e ammoniaca per la crescita della microflora ruminale e la sintesi di proteina microbica. La proteina microbica fornisce la maggior parte degli aminoacidi che vengono assorbiti nell'intestino. La proteina non degradabile a livello ruminale è la seconda più importante fonte di aminoacidi assorbibili dall'animale.
La degradabilità ruminale della proteina è influenzata da diversi fattori. La costituzione chimica della proteina grezza è senz'altro il fattore più importante, e all'interno di questa si devono considerare la concentrazione di NPN (azoto non proteico) rispetto alla proteina vera e le caratteristiche fisiche e chimiche delle proteine che costituiscono la frazione proteica vera dell'alimento.
La degradazione dell'NPN è così rapida (>300%) che la sua degradabilità è assunta essere del 100%. Questo assunto non è completamente corretto perchè oltre al coefficiente di degradazione (Kd) bisogna tener conto anche del tasso di passaggio (Kp).
Per quanto concerne la proteina vera, la struttura tridimensionale può notevolmente influenzare la degradabilità, in quanto condiziona l'accesso dei batteri alla molecola stessa. Proteine ricche in legami incrociati (cross-linking), ad esempio ponti disolfuro naturalmente presenti in albumine e immunoglobuline, oppure legami causati da trattamenti termici, sono meno accessibili agli enzimi proteolitici e quindi degradate più lentamente. Per questo motivo i trattamenti termici degli alimenti possono diminuire la frazione degradabile della proteina, in favore di quella non degradabile.
Altri fattori influenzanti la degradabilità ruminale sono il tempo di ritenzione ruminale, l'attività proteolitica microbica e il pH ruminale.

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IL VALORE BIOLOGICO

Per quanto concerne gli animali monogastrici, la valutazione di una fonte proteica tiene conto principalmente della quantità e qualità di aminoacidi assorbiti e dalla efficienza della loro utilizzazione a livello metabolico. Essa dipende dalla composizione in aminoacidi di un alimento e dalla sua digeribilità, mentre nei ruminanti si tiene conto anche della degradabilità e della capacità di sintesi microbica.
Il valore biologico è definito come il rapporto tra l'azoto trattenuto e l'azoto assorbito da un animale. Esso è misurato con la formula:

V.B.= Nalim. - Nfeci - Nurine/Nalim. - Nfeci

In questa formula al numeratore figura la differenza tra l'azoto alimentare consumato e l'azoto perduto (con feci e urine), cioè l'azoto trattenuto dall'organismo, mentre al denominatore figura l'azoto alimentare consumato e l'azoto indigerito contenuto nelle feci, cioè l'azoto assorbito. Il valore biologico così calcolato andrebbe in realtà depurato da due fonti di azoto endogeno: l'azoto metabolico fecale (azoto di costituzione degli enzimi digestivi, degli acidi biliari, degli epiteli di sfaldamento del canale alimentare, delle spoglie della microflora intestinale) e l'azoto endogeno urinario (azoto derivante non dal catabolismo degli aminoacidi assunti con l'alimento, ma dal catabolismo degli aminoacidi e delle basi puriniche che provengono dal ricambio tissutale, l'azoto cioè che si troverebbe nelle feci anche con una dieta aproteica).

Il valore biologico di una proteina dipende dalla sua composizione in aminoacidi: infatti una proteina è utilizzata meglio tanto più la sua composizione aminoacidica si avvicina a quella della proteina da sintetizzare da parte dell'organismo animale. Le proteine animali hanno una composizione aminoacidica molto più vicina a quella del corpo animale di quanto non abbiano le proteine vegetali. La carenza di un solo aminoacido rispetto alla quantità richiesta (aminoacido limitante) è responsabile del basso valore biologico di una proteina alimentare, valore che può quindi essere migliorato integrando con l'aminoacido mancante. In generale il valore biologico è decrescente passando da proteine animali, a quelle batteriche e infine a quelle vegetali.

Tabella 2. Valore biologico di alcuni alimenti.

Alimento

VB

Alimento

VB

Uovo, tuorlo

96

Patate

67

Uovo, in toto

94

Avena

66

Latte di vacca crudo

90

Orzo

64

Germe di mais

78

Lievito di birra

63

Lino, farina d'estraz.

78

Carne di vitello

62

Carne bovina

76

Cotone, farina d'estraz.

62

Soia, farina d'estraz.

75

Erba medica

61

Crusca di frumento

74

Granoturco

60

Prosciutto

74

Segale

58

Caseina

73

Arachidi

56

Frumento

67

Farina di carne

48

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IL CONTENUTO PROTEICO DEGLI ALIMENTI

Il contenuto proteico dei foraggi è influenzato da diversi fattori:

  • STADIO VEGETATIVO: un foraggio a stadio vegetativo precoce ha un maggiore contenuto di proteina degradabile e un minor contenuto di proteina bypass, mentre contiene abbondante NPN (NH3, NO3, amine, aa). In uno stadio vegetativo tardivo aumenta la parete cellulare rendendo più difficile l’accesso alla cellula.
  • SPECIE: le leguminose sono più degradabili delle graminacee. Una eccezione è rappresentata da Lolium m.
  • CONCIMAZIONI: un eccesso di NO3 e NH4 nel terreno aumenta NPN del foraggio a discapito delle proteine
  • INSILAMENTO: a causa dei processi di parziale proteolisi, aumenta la quota degradabile sia per le leguminose che per le graminacee (ad eccezione del trifoglio violetto)

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Tabella 3 (a e b). Frazioni proteiche secondo l'NRC e solubilità secondo il sistema Cornell. Clicca sulle immagini per ingrandirle.

a

b