METODO
ANALITICO PER LA DETERMINAZIONE DEL LIVELLO PROTEICO DEGLI ALIMENTI
Il metodo analitico ufficiale è quello di Kjeldhal.
Principio del metodo: si trasforma l'azoto organico in solfato di ammonio,
facendo bollire una aliquota pesata di campione in acido solforico (o
fosfosolforico) concentrato, in presenza di un acatalizzatore (vengono
utilizzati gli ossidi di mercurio o di selenio, il selenio metallico,
il solfato di rame) e di solfato di potassio per innalzare il punto di
ebollizione dell'acido.
Dopo l adigestione completa del campione, si raffredda e si diluisce con
acqua distillata, quindi si alcalinizza con una soluzione concentrata
di idrossido di sodio; si distilla immediatamente l'ammoniaca, che viene
raccolta in acido borico al 4% e titolata conacido solforico 0,1N. Ciascun
mL di acido N/10 consumato nella titolazione corrisponde a 0,0014 g di
azoto. Si trova così l'azoto presente nel campione che, riferito
a 100 e moltiplicato per 6,25, darà la % di proteina grezza contenuta
nell'alimento.
Con il metodo Kjeldhal viene determinato tutto l'azoto sotto forma amminica
(proteine, aminoacidi, urea), iminica (basi puriniche, citosina), amidica
(nicotinamide) e ammoniacale (ammoniaca e sali d'ammonio); non viene determinato
l'azoto nitrico e nitroso (nitrato e nitrito di potassio).
Per alzare quindi fraudolentemente il tenore in protidi grezzi, oltre
all'urea (che è ammessa per i ruminanti, purchè venga dichiarata)
possono venire impiegate sostanze che contengono azoto nelle forme sopra
elencate, quali gli aminoplasti (ureaform, un polimero tra l'urea e la
formaldeide che non viene dosato coi comuni metodi per l'analisi dell'urea)
o la melamina (un composto che contiene il 66,6% in peso di azoto). Per
la rivelazione di queste sostanze, come per l'urea, bisogna utilizzare
metodi specifici.
Il metodo Kjeldhal, universalmente utilizzato, se correttamente applicato
è un metodo preciso e affidabile; si può verificare la correttezza
della procedura dell'analisi utilizzando sostanze a titolo noto di azoto
(acido solfanilico, acetanilide).
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COME VALUTARE LE FONTI PROTEICHE ALIMENTARI
Come visto sopra, il tenore proteico degli alimenti è generalemente
espresso come proteina grezza, ma sotto questo termine viene incluso anche
l'azoto non proteico (NPN, non protein nitrogen).
Nei ruminanti è necessario fare anche una distinzione tra la proteina
che non è degradata dai microrganismi ruminali e viene quindi digerita
ed assorbita a livello dell'abomaso e dell'intestino e la proteina di
origine microbica, sintetizzata dai microrganismi ruminali, e che viene
digerita e assorbita sempre a livello abomasale ed intestinale.
In funzione della solubilità in tampone borato-fosfato, in detergenti
neutri e in detergenti acidi, la proteina può essere classificata
come in figura 1. Nel sistema Cornell la proteina è classificata
in base alla sua degradabilità ruminale, stimata in base a lavori
sperimentali in cui diversi alimenti sono stati incubati in situ o in
vitro con enzimi proteolitici (Tabella 1).
La proteina solubile comprende l'azoto non proteico
(A) e la proteina vera solubile degradata velocemente
dai microrganismi ruminali (B1);
la proteina degradabile (RDP) comprende l'azoto non
proteico (A) + la proteina solubile velocemente degradabile
(B1) + la proteina non solubile lentamente degradabile
(B2);
la proteina non degradabile (RUP) comprende sia la quota
degradabile molto lentamente a livello ruminale (B3),
in quanto associata all'NDF e quindi disponibile a livello intestinale,
sia quella non disponibile in assoluto, cioè legata all'ADF (C).
Tabella 1. Composizione e degradabilità ruminale delle proteine.
Frazione |
Composizione |
Degradabilità
ruminale (%/h) |
A |
NH3, NO3,
AA
peptidi |
Istantanea |
B1 |
Globuline
Alcune albumine |
200-300 |
B2 |
La maggior
parte delle albumine
Gluteline |
5-15 |
B3 |
Prolamine
Proteine associate alla
parete cellulare
Proteine denaturate |
0.1-1.5 |
C |
Prodotti
della reazione di Maillard
Azoto legato alla lignina |
0 |
Figura 1. Classificazione delle proteine. Clicca sull'immagine per ingrandirla.
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Un ulteriore parametro considerato è quello della proteina metabolizzabile
(MP) definito come la proteina vera che viene digerita a livello postruminale
e che fornisce quindi gli aminoacidi assorbiti a livello intestinale.
La proteina degradabile e quella non degradabile hanno due funzioni ben
distinte: la prima fornisce una miscela di peptidi, aminoacidi e ammoniaca
per la crescita della microflora ruminale e la sintesi di proteina microbica.
La proteina microbica fornisce la maggior parte degli aminoacidi che vengono
assorbiti nell'intestino. La proteina non degradabile a livello ruminale
è la seconda più importante fonte di aminoacidi assorbibili
dall'animale.
La degradabilità ruminale della proteina è influenzata da
diversi fattori. La costituzione chimica della proteina grezza è
senz'altro il fattore più importante, e all'interno di questa si
devono considerare la concentrazione di NPN (azoto non proteico) rispetto
alla proteina vera e le caratteristiche fisiche e chimiche delle proteine
che costituiscono la frazione proteica vera dell'alimento.
La degradazione dell'NPN è così rapida (>300%) che la
sua degradabilità è assunta essere del 100%. Questo assunto
non è completamente corretto perchè oltre al coefficiente
di degradazione (Kd) bisogna tener conto anche del tasso di passaggio
(Kp).
Per quanto concerne la proteina vera, la struttura tridimensionale può
notevolmente influenzare la degradabilità, in quanto condiziona
l'accesso dei batteri alla molecola stessa. Proteine ricche in legami
incrociati (cross-linking), ad esempio ponti disolfuro naturalmente presenti
in albumine e immunoglobuline, oppure legami causati da trattamenti termici,
sono meno accessibili agli enzimi proteolitici e quindi degradate più
lentamente. Per questo motivo i trattamenti termici degli alimenti possono
diminuire la frazione degradabile della proteina, in favore di quella
non degradabile.
Altri fattori influenzanti la degradabilità ruminale sono il tempo
di ritenzione ruminale, l'attività proteolitica microbica e il
pH ruminale.
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IL VALORE BIOLOGICO
Per quanto concerne gli animali monogastrici, la valutazione di una fonte
proteica tiene conto principalmente della quantità e qualità
di aminoacidi assorbiti e dalla efficienza della loro utilizzazione a
livello metabolico. Essa dipende dalla composizione in aminoacidi di un
alimento e dalla sua digeribilità, mentre nei ruminanti si tiene
conto anche della degradabilità e della capacità di sintesi
microbica.
Il valore biologico è definito come il rapporto
tra l'azoto trattenuto e l'azoto assorbito da un animale. Esso è
misurato con la formula:
V.B.= Nalim. - Nfeci - Nurine/Nalim. - Nfeci |
In questa formula al numeratore figura la differenza tra l'azoto alimentare
consumato e l'azoto perduto (con feci e urine), cioè l'azoto trattenuto
dall'organismo, mentre al denominatore figura l'azoto alimentare consumato
e l'azoto indigerito contenuto nelle feci, cioè l'azoto assorbito.
Il valore biologico così calcolato andrebbe in realtà depurato
da due fonti di azoto endogeno: l'azoto metabolico fecale (azoto di costituzione
degli enzimi digestivi, degli acidi biliari, degli epiteli di sfaldamento
del canale alimentare, delle spoglie della microflora intestinale) e l'azoto
endogeno urinario (azoto derivante non dal catabolismo degli aminoacidi
assunti con l'alimento, ma dal catabolismo degli aminoacidi e delle basi
puriniche che provengono dal ricambio tissutale, l'azoto cioè che
si troverebbe nelle feci anche con una dieta aproteica).
Il valore biologico di una proteina dipende dalla sua composizione in
aminoacidi: infatti una proteina è utilizzata meglio tanto più
la sua composizione aminoacidica si avvicina a quella della proteina da
sintetizzare da parte dell'organismo animale. Le proteine animali hanno
una composizione aminoacidica molto più vicina a quella del corpo
animale di quanto non abbiano le proteine vegetali. La carenza di un solo
aminoacido rispetto alla quantità richiesta (aminoacido limitante)
è responsabile del basso valore biologico di una proteina alimentare,
valore che può quindi essere migliorato integrando con l'aminoacido
mancante. In generale il valore biologico è decrescente passando
da proteine animali, a quelle batteriche e infine a quelle vegetali.
Tabella 2. Valore biologico di alcuni alimenti.
Alimento |
VB |
Alimento |
VB |
Uovo, tuorlo |
96 |
Patate |
67 |
Uovo, in toto |
94 |
Avena |
66 |
Latte di vacca crudo |
90 |
Orzo |
64 |
Germe di mais |
78 |
Lievito di birra |
63 |
Lino, farina d'estraz. |
78 |
Carne di vitello |
62 |
Carne bovina |
76 |
Cotone, farina d'estraz. |
62 |
Soia, farina d'estraz. |
75 |
Erba medica |
61 |
Crusca di frumento |
74 |
Granoturco |
60 |
Prosciutto |
74 |
Segale |
58 |
Caseina |
73 |
Arachidi |
56 |
Frumento |
67 |
Farina di carne |
48 |
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IL CONTENUTO PROTEICO DEGLI ALIMENTI
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Il contenuto proteico dei foraggi è influenzato da diversi fattori:
- STADIO VEGETATIVO: un foraggio a stadio vegetativo precoce ha un maggiore
contenuto di proteina degradabile e un minor contenuto di proteina bypass,
mentre contiene abbondante NPN (NH3, NO3, amine, aa). In uno stadio
vegetativo tardivo aumenta la parete cellulare rendendo più difficile
l’accesso alla cellula.
- SPECIE: le leguminose sono più degradabili delle graminacee.
Una eccezione è rappresentata da Lolium m.
- CONCIMAZIONI: un eccesso di NO3 e NH4 nel terreno aumenta NPN del
foraggio a discapito delle proteine
- INSILAMENTO: a causa dei processi di parziale proteolisi, aumenta
la quota degradabile sia per le leguminose che per le graminacee (ad
eccezione del trifoglio violetto)
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Tabella 3 (a e b). Frazioni proteiche secondo l'NRC e solubilità
secondo il sistema Cornell. Clicca sulle immagini per ingrandirle.
a
b
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