DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DEI
GRASSI NEI RUMINANTI
Solo poche specie batteriche ruminali lipolitiche sono state isolate
e identificate. La maggiore attività esterasica è espressa
da ceppi associati alle particelle del digesto ovvero dai batteri che
attaccano l'amido, la pectina e la cellulosa. Del resto è proprio
sulla superficie di tali particelle che i lipidi alimentari tendono a
collocarsi in un ambiente acquoso come il fluido ruminale.
Gli AG esterificati, soprattutto trigliceridi, vengono idrolizzati rapidamente
dalla flora lipolitica del rumine, ottenendo AG liberi e glicerolo, dalla
cui fermentazione deriva propionato. Dopo l'idrolisi, gli AG insaturi
(PUFA) vengono idrogenati dai microrganismi ruminali (es. Butyrivibrio
fibrisolvens). L'attività batterica porta alla formazione
di acidi grassi saturi, molto spesso con un legame tra i carboni 9 e 10
in configurazione trans. I batteri effettuano quindi anche una operazione
di isomerizzazione a carico dei doppi legami, spostandone la posizione
all'interno dell acatena idrocarburica e modificandone l'isomeria geometrica.
Il tasso di idrogenazione dipende dal grado di insaturazione degli AG
e dal livello e dalla frequenza di assunzione di alimento. Stime del tasso
di saturazione degli AG nel rumine vanno dal 60 al 90%. La bioidrogenazione
degli dei PUFA può essere ridotta al 30-40% se vengono somministrati
AG protetti sottoforma di sali di calcio.
A causa del fenomeno di bioidrogenazione, sono soprattutto AG C18:0 e
vari isomeri di C18:1 a lasciare il rumine.
La sintesi di AG da parte dei microrganismi ruminali è limitata,
e gli AG prodotti vengono per lo più inclusi in fosfolipidi. Dalla
sintesi ex novo di acidi grassi da parte dei batteri derivano per lo più
AG a numero dispari di atomi di carbonio. AG a catena ramificata (isovaleriato,
2-metilbutirrato, isobutirrato) derivano invece dal catabolismo aminoacidico
(leucina, isoleucina, valina).
Approssimativamente l'85-90% degli AG che lasciano il rumine sono AG liberi,
e il 10-15% sono fosfolipidi di origine microbica.
Anche se solo una piccola quantità di trigliceridi arriva al piccolo
intestino, per la loro digestione è necessaria la presenza di lipasi
biliari e pancretiche.
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Figura 1. Destino dei grassi nel rumine. Clicca sull'immagine
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DIGERIBILITA' DEI GRASSI
La digeribilità dei grassi può essere influenzata dall'assunzione
di sostanza secca, dalla quantità di grassi ingeriti, dalle caratteristiche
dei grassi che fanno parte della razione e dalle caratteristiche di grassi
aggiunti. Il grado di insaturazione è forse la caratteristica che
più influenza la digeribilità.
Il Numero di iodio (IV=Iodine Value) è un'indice del grado di insaturazione:
più alto è il valore maggiore è il tenore in AG insaturi
nel grasso in oggetto. Il grado di insaturazione influenza la digeribilità
del grasso: il declino della digeribilità, all’aumentare
dell’inclusione dei grassi nella dieta è maggiore quando
il numero di iodio è > di 40 rispetto a grassi con numero di
Iodio < di 40.
- Digeribilità elevata con IV > 40 è del 89%
- Digeribilità con IV < 40 scende al 74%
Gli acidi grassi saturi sono meno digeribili di quelli insaturi, e la
differenza diventa sempre più marcata quando aumenta la quantità
di AG saturi assunti. Questo indica che gli AG insaturi possono avere
un'azione sinergica sulla digeribilità degli AG saturi.
Anche la lunghezza delle catene degli AG può aumentare la digeribilità.
Ci sono probabilmente interazioni tra la lunghezza catena acidica e il
grado di insaturazione. Ad esempio è stato mostrato che l'aumento
del rapporto C16:C18 ha un effetto maggiore sulla digestione quando aumenta
IV.
La digeribilità intestinale è inversamente correlata al
punto di fusione degli AG, il quale probabilmente influenza la formazione
di micelle e il movimento degli AG attraverso lo strato acquoso adiacente
ai microvilli nel piccolo intestino.
Se gli AG sono somministrati come sali, la digeribilità dipende
dalla caratteristica degli AG stessi, in quanto i sali sono dissociati
nelle condizioni acidiche in abomaso e duodeno.
La concentrazione dei grassi nella dieta influenza anche la digeribilità
postruminale. Studi hanno mostrato che la digeribilità degli AG
diminuisce del 2.2% per ogni 100 g di AG assunti quando si passa da 200
a 1400 g/d di grassi aggiunti alla dieta.
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Tabella 1. I più diffusi acidi grassi in natura.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
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Figura 2. Composizione in acidi grassi di alcuni alimenti.
Clicca sull'immagine per ingrandirla.
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EFFETTO DEI GRASSI SULLE FERMENTAZIONI RUMINALI
Sebbene il grado di insaturazione aumenti la digeribilità, esso
aumenta la probabilità di una influenza negativa sulle fermentazioni
ruminali. Fonti alimentari ricche in acidi grassi polinsaturi sono, ad
esempio, gli oli di pesce e gli oli vegetali: riduzione dell'assunzione
alimentare, riduzione del grasso nel latte e riduzione digeribilità
fibra sono indicatori di alterazione delle fermentazioni ruminali. Il
tasso di rilascio degli AG insaturi dall'alimento all'ambiente ruminale
determina il grado di influenza sulle fermentazioni. Se la capacità
dei microrganismi di idrogenare gli AG insaturi viene “saturata”
si ha un accumulo di AG insaturi che interferiscono con le fermentazioni.
Se i PUFA assunti dall'animale sono parte di semi interi, si ha poco o
nessun effetto sulle fermentazioni perchè c'è un rilascio
lento degli stessi. Il processo di estrusione dei semi oleosi determina
un parziale rilascio di AG, di conseguenza il grado di esposizione dei
microrganismi agli AG potrebbe essere sufficiente da determinare un'influenza
sul loro metabolismo. I sali e gli AG idrogenati hanno una minor influenza
sulle fermentazioni rispetto agli AG insaturi, probabilmente per la minore
solubilità in ambiente acquoso.
Il sego potrebbe avere una maggior influenza sulle fermentazioni rispetto
ai sali e ai semi oleosi: in realtà studi hanno dimostrato che
una inclusione anche maggiore al 3% non da problemi di riduzione del grasso
nel latte e dell'assunzione alimentare.
L'effetto dei semi oleosi o del sego sulle fermentazioni ruminali può
dipendere anche dalla composizione della dieta: maggiori influenze negative
si riscontrano se la razione è basata sul silomais o è carente
in foraggio.
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I GRASSI NELLE RAZIONI PER BOVINE DA LATTE
I grassi totali nella razione per bovine da latte non dovrebbero superare
il 6-7% della ss. Un valore superiore potrebbe causare una depressione
dell'ingestione di ss, anche nei casi in cui il grasso abbia una minima
influenza sulle fermentazioni ruminali. La riduzione dell'ingestione potrebbe
neutralizzare i vantaggi in termini di energia che vogliamo ottenere con
la supplementazione di grassi e può limitare la risposta positiva
sulla produzione di latte. Diverse teorie sono state formulate per spiegare
gli effetti dei grassi sull'assunzione alimentare. Tra le ipotesi: un'influenza
sulla motilità del tratto gastroenterico, effetti sulla accettabilità
dieta, infleunza sul rilascio di ormoni intestinali e sull’ossidazione
dei grassi nel fegato.
La quantità ottimale di grassi della razione dipende da numerosi
fattori:
- tipo di grassi
- alimenti che compongono la razione
- stadio di lattazione
- ambiente
- livello di produzione
- gestione dell'alimentazione
Una quantità inferiore al 6% potrebbe essere prudente nella prima
fase della lattazione, in quanto è stata osservata sperimentalmente
una riduzione dell'ingestione, già normalmente ridotta nei primi
giorni dopo il parto.
E' importante considerare che i cereali e i foraggi contengono di solito
un 3% di grassi, di conseguenza il restante 3-4% di grassi dev'essere
fornito con una supplementazione. Semi oleosi e grassi animali/vegetali
sono supplementi accettabili, ma è sempre consigliabile fornire
una quota di grassi inerti a livello ruminale per evitare gli effetti
negativi sulle fermentazioni ruminali, la percentuale di grasso nel latte
e l'ingestione di ss.
I grassi aggiunti nella dieta dei ruminanti potrebbero ridurre la digeribilità
di calcio e magnesio: infatti sembra che i saponi possano ridurre l'assorbimento
ruminale del magnesio e quello intestinale del calcio, ed è quindi
necessario aumentare la quantità di questi elementi nella razione
per garantire comunque la copertura dei fabbisogni.
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I GRASSI NEL SISTEMA DI RAZIONAMENTO CNCPS
Nel sistema CNCPS i grassi sono classificati come FAT 1, FAT 2 e FAT
3.
FAT 1 |
grassi naturalmente
presenti in alimenti come i foraggi e i cereali, normalmente varia
dal 2 al 4% della ss. |
vengono
considerati attivi a livello ruminale e non devono eccedere il
5- 5,5% della ss per evitare influenze negative sulle fermentazioni
ruminali. |
FAT 2 |
grasso presente in alimenti naturalmente
ricchi in grassi come le oleaginose e il sego. |
FAT 3 |
grassi ricchi in AG saturi, come
palmitico e stearico, o in forma di Sali |
considerati inerti
a livello ruminale possono essere utilizzati per raggiungere il
7% di grassi nella razione* |
*i grassi inerti a livello ruminale basati su una alta concentrazione
di acido stearico in forma di trigliceridi hanno una minore digeribilità
intestinale rispetto ai grassi inerti sottoforma di saponi di calcio.
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DETERMINAZIONE DEI LIPIDI NEGLI ALIMENTI
Questo dato analitico viene definito estratto etereo poichè il
metodo utilizzato determina la quantità totale di sostanze solubili
in etere di petrolio, vale a dire i lipidi insieme ad altri composti (pigmenti,
olii eterei, fosfolipidi, cere, steroli, resine, vitamine liposolubili).
Principio del metodo: una aliquota di prodotto macinato viene pesata in
un ditale cilindrico di cellulosa, che viene chiuso con un batuffolo di
cotone. Indi si pone il ditale nell'estrattore dell'apparecchio Soxhlet
che viene collegato con un refrigerante a ricadere e unito con un palloncino
pesato, nel quale viene introdotto l'etere di petrolio. Tutto l'apparecchio
viene montato su bagnomaria, in modo che l'etere distilli e ricada nel
ditale, estraendo il grasso del campione. Raggiunto un certo livello,
un piccolo sifone riporterà l'etere nel palloncino. L'estrazione
continua per 6 ore, quindi si elimina l'etere per distillazione; si secca
il palloncino contentente il grasso e lo si pesa. Per differenza con la
tara si ricava il peso del grasso contenuto nel campione, che viene riportato
a 100.
Quando si devono analizzare materie prime, quali semi oleosi, mangimi
semplici di origine animale, lievito, residui di distillerie, mangimi
composti contenenti polveri di latte e le cui materie grasse non possano
essere completamente estratte con etere di petrolio, occorre sottoporre
preventivamente il campione ad idrolisi con HCl 3N all'ebollizione per
1 ora; poi si filtra, si essica in stufa e si introduce il filtro nell'apparecchio
Soxhlet proseguendo l'analisi come già descritto.
Sull'estratto etereo è possibile determinare i grassi saponificabili,
trattando l'estratto nel palloncino con KOH N/2 in soluzione alcolica
all'ebollizione. I trigliceridi vengono saponificati, cioè si formano
i sali degli acidi grassi più glicerina; i sali possono essere
estratti con acqua, mentre il residuo insaponificabile è costituito
da resine, pigmenti, steroli ecc. Il potere energetico dell'estratto etereo
è legato al suo contenuto in sostanze saponificabili (acidi grassi),
che aumenta passando da foraggi a cereali a semi oleosi e relativi panelli
o farine d'estrazione; principalmente per questo motivo, nel calcolo delle
unità foraggere si utilizzano 3 coefficienti adipogenetici, e cioè
1,91; 2,12 e 2,41 per i tre tipi di alimenti.
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